giovedì 25 agosto 2016

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Emanciparsi da cosa?
Il pensiero va alla storia, alle lotte per arrivare alla liberazione degli schiavi, a quella dei contadini russi da servi della gleba, alla emancipazione delle donne tramite il movimento femminista e quella degli omosessuali.
Il termine vuol dire “liberarsi da un vincolo di soggezione materiale o morale” (dizionario Garzanti), oppure, nel senso più esteso del termine, “si riferisce a tutte quelle azioni che permettono a una persona o a un gruppo di persone di accedere a uno stato di autonomia attraverso la cessazione della dipendenza da una qualche autorità o potestà” (Wikipedia).
Intendiamoci, tutti siamo condizionati da altri fattori nelle nostre attività quotidiane ma quando ciò avviene per "assoggettamento" genera forte disagio e nasce il bisogno di liberarsi ...
  • Da una dipendenza che costruisce intorno una gabbia e influenza pensieri e comportamenti
  • Dal senso di colpa che fa sentire sempre in dovere
  • Dalla vergogna che impedisce di chiedere aiuto
  • Dalla perdita di fiducia in sé stessi che fa credere di essere inadeguati
  • Da quella sensazione di impotenza che blocca ogni possibilità di uscita
  • Dalla necessità di vivere in un contesto che avvelena la propria vita

Queste, in estrema sintesi, sono le condizioni di malessere che ha indicato Marie-France Hirigoyen, psichiatra esperta in vittimologia, nel suo saggio Molestie morali, 2000, edito da Einaudi.

Non solo per donne

Verrebbe allora spontaneo pensare alle donne, sempre più spesso vittime di “stalking” e aggressioni di ogni genere. Complici anche i retaggi culturali. Queste sensazioni si possono provare in famiglia, certo, ma le può provare anche un figlio per un genitore, una nuora verso una suocera; oppure a scuola, nel gruppo di pari, perché un “bullo” può scegliere un compagno come capro espiatorio, o per un difficile rapporto con un insegnante dal "brutto carattere"; e certamente al lavoro, dove il fenomeno denominato “mobbing” sta proprio a indicare quell’insieme di vessazioni psicologiche che mirano a far sì che la persona designata abbandoni o si lasci docilmente sfruttare. In tutti questi contesti finché non si esaurirà il bisogno di controllare persone e risorse, quando non avviene con la persuasione, ci saranno occasioni per difendersi dai tentativi di condizionamento.

Mettiamo a fuoco: Le strategie di condizionamento

Sono strategie di potere per avere il pieno possesso di una risorsa, oppure per poterla gestire a proprio vantaggio. Si realizzano anche attraverso tempi molto lunghi con azioni apparentemente irrilevanti ma che alla fine lasciano imprigionata la vittima come in una ragnatela. Riporto le tre fasi di realizzazione, indicate da Hirigoyen (2000)

·         Un atto di appropriazione attraverso lo spossessamento dell’altro

·         Un atto di dominazione, in cui l’altro viene mantenuto in uno stato di sottomissione e dipendenza

·         Una dimensione di impronta in cui si vuole lasciar sull’altro un segno

Tutte queste fasi sono mediate dal linguaggio. Chomsky (1975), padre della grammatica trasformazionale, analizza i meccanismi di modellamento attraverso il linguaggio. Grinder e Bandler (1981), autori della Programmazione Neurolinguistica ci informano delle trasformazioni della realtà che ciascuno può operare al momento di descriverla con parole (si può generalizzare, cancellare o deformare). Ellis (1996), fondatore della terapia comportamentale razionale emotiva, sostiene che tendiamo a riconoscerci il valore che ci attribuiscono gli altri. Bateson (1977), ha individuato nella comunicazione paradossale (doppia e contraddittoria) le possibili origini della schizofrenia.
Di seguito alcune strategie indicate da Hirigoyen.
  • Rifiutare la comunicazione diretta (penso ai musi e alle espressioni di disapprovazione senza dichiarare le ragioni della disapprovazione)
  • Travisare il linguaggio (i discorsi senza legame logico sono ambigui)
  • Mentire (disorientare fornendo una visione del mondo non fedele)
  • Sarcasmo, derisione, disprezzo (spacciati per senso dell’umorismo)
  • Squalificare, isolare, screditare (i rimbrotti in pubblico)
  • Dividere per regnare meglio (sono anche strategie di guerra)
  • Imporre il proprio potere (facendo credere di conoscere la verità assoluta)
Il tempo

Per ogni situazione difficile fra quelle indicate si possono produrre interpretazioni benevole.
  • “È stanco e devo essere comprensiva”
  • “Devo sopportare per farmi accettare dai compagni di classe”. A volte questa condizione è anche occasione per invitare un figlio a difendersi da solo e magari si aggiunge: “Sei fortunato che non devi fare il militare!”.
  • “Appena arrivato in ufficio si deve fare la “gavetta”. Oppure “È un momento difficile e il capo è sotto pressione”.

Sono tutte interpretazioni/giustificazioni plausibili, ma che sono sopportabili solo per brevi periodi. Prima ancora che la ripetuta esposizione a pratiche di condizionamento possa minare dal profondo la fiducia nelle proprie capacità è necessario prendere consapevolezza e trovare vie d'uscita. Questo vuol dire ritrovare sé stessi cercando quei dispositivi di sopravvivenza (i Talenti innati) dei quali ogni essere vivente è dotato e che in questo caso sono stati sommersi da esperienze di vita tanto pesanti. Certo, avere le persone giuste vicino – un familiare, un amico oppure un professionista - potrebbe aiutare. Ma spesso non ci sono le possibilità, le capacità o semplicemente si è a disagio nel chiedere aiuto per qualcosa che tutto sommato si crede possa essere considerata un capriccio o una debolezza. Più spesso, a fronte di una sensazione di malessere c’è anche grande confusione e non si saprebbe cosa chiedere.

Eppure questi meccanismi appaiono in tutto il loro portato distruttivo solo quando la vittima riesce ad allontanarsi dal contesto condizionante. E allora, portarsi in un altro luogo, anche se solo con il pensiero e per un tempo breve, può essere un modo per cercare una via d'uscita.

Il primo passo verso l'indipendenza

Puoi partire con l’acquisto di un quaderno. Sceglilo con cura. Ti deve proprio piacere: la copertina, le dimensioni e la consistenza della carta. Sarà il tuo diario dove potrai annotare stati d’animo e avvenimenti, fare dei disegni, incollare delle foto oppure qualunque altra cosa. E, visto che sarà solo tuo, scrivi subito il tuo nome. Con la penna che preferisci o con un colore che ti piace. Perché nel tuo cassetto degli attrezzi ci saranno, oltre al quaderno e alla penna preferita, anche sei colori: pennarelli oppure matite colorate (arancio, marrone, rosso, azzurro, verde, viola).

Adesso è necessario un patto con te stesso. Devi decidere di dedicarti ogni giorno 10 minuti. Dovrai trovare un posto tranquillo dove poter scrivere di te e per te. Non è facile, lo so. Ma cosa sono 10 minuti in una giornata!

Cosa scrivere? Innanzitutto la data e l'ora. Se cambi anche il luogo, puoi anche indicare dove ti trovi. Questo ti fornirà dei riferimenti per quando a distanza di tempo, vorrai rileggere quello che hai scritto. E poi? Per iniziare va bene anche l’elenco delle attività appena svolte, oppure quelle del giorno precedente. Puoi scrivere come ti senti: mal di testa, malinconia, allegria per qualcosa…Ciò che importa è ristabilire un dialogo con te stesso che ti porterà piano piano a riconoscere le tue migliori risorse. Se poi hai già l'abitudine a scrivere e vuoi iniziare a lavorare per riconoscere i tuoi talenti, puoi iniziare con l'esercitazione sulla descrizione della casa d'infanzia .
Allo scadere del tempo che hai potuto dedicarti, non dimenticare di dare uno sguardo d'insieme al tuo scritto, senza considerare i contenuti, così come guarderesti un quadro appeso alla parete. Prova a seguire l'andamento del filo grafico. Sì, proprio come un filo che corre, frena, si spezza. Cosa vedi? Puoi annotare anche questo. Basta iniziare e il resto ti sorprenderà.

Per approfondimenti

Ellis, A. (1996) L’autoterapia razionale emotiva: come pensare in modo psicologicamente efficace, Erickson Trento;
Bandler R., Grinder J. (1981), La struttura della magia, Astrolabio Ubaldini, Roma;
Bateson, G. (1977), Verso un’ecologia ella mente, Adelphi, Milano
Chomsky, N. (1975), La grammatica trasformazionale, Boringhieri, Torino;

Hirigoyen, M. F. (2000), Molestie morali, Einaudi, Torino;

Lo Prete, O. (2015), Il Talento nel tratto, Tecniche nuove, Milano

Raccontaci una situazione di condizionamento
Qui, nei commenti, puoi raccontarci una situazione qualunque che hai osservato sotto l’ombrellone vicino al tuo, oppure sul posto di lavoro o in qualunque altro luogo. Ci sarà utile mettere in comune le esperienze.

Grazie